
La Serenissima Repubblica di VENEZIA
Note ricavate dalle ricerche storiche di Mons. Elia Piu, Parroco della "Magnifica Comunità di Marano", che si ringrazia sentitamente.
Il periodo che va dal 1420 al 1797, durante il quale Venezia, con i suoi provveditori, ha esercitato la sua giurisdizione su Marano, è quello che può essere considerato come "l'età d'oro" della magnifica comunità maranese (così veniva chiamata) e che ha lasciato un solco profondo nel suo modo di essere e di manifestarsi fino ai nostri giorni. Non si può capire a fondo la comunità maranese del presente, senza conoscere quella che è stata, dal punto di vista politico e sociale, la sua vita sotto il dominio di Venezia. E' per questi motivi che ancor oggi il maranese si sente, almeno dal punto di vista affettivo, più legato a Venezia che al Friuli. Nei secoli XV e XVI Marano era con Venzone e Monfalcone la terza fortezza della Serenissima nella terra del Friuli ed era una sicurezza contro gli assalti provenienti dal mare. Così si legge in una descrizione del 1578. "... la terza fortezza della Serenissima (Palmanova non era ancora nata) nella terra del Friuli con Venzone e Monfalcone è Marano sopra il mare, che ha un porto grandissimo per ogni grande armata, ma non ha territorio in terra, perché dall'arciduca d'Austria le viene con ragione occupato ..".
Giunta con fatica, come abbiamo visto, al possesso di Marano, Venezia cercò subito, dal punto di vista militare, di rendere efficienti tutte le opere di difesa e, dal punto di vista amministrativo, come usava fare in tutte le annessioni, di rispettare le franchigie municipali, gli ordinamenti, gli statuti e le consuetudini vigenti. Così anche Marano vide rispettato il suo statuto, che in via amministrativa, politica e penale era quello concessogli da Popone. Ciò non poteva che piacere alla popolazione, che così vedeva valorizzata la sua antica autonomia.
Invasione dei Turchi
Nel 1470 Marano viene fortificata da una forte squadra di balestrieri navali, data la sua posizione sul mare, posta di fronte al valico alpino attraverso il quale i turchi calavano dall'Illiria in Friuli. In virtù di questa fortificazione nel 1578 l'armata preposta alla difesa di Marano impedì l'espandersi in Friuli dei turchi condotti da Omar Bey. Una calle di Marano si chiama ancora "Turchia" e forse questa denominazione è da collegarsi con l'invasione dei turchi condotti da Omar Bey e con il valore dei veneti nel ricacciarli.

Gli imperiali
Ciò che gli imperiali non erano riusciti a fare con le forze militari, anche per il valore e la capacità dei capitani veneti della fortezza, riuscirono con il tradimento. A concepirlo e a portarlo a compimento fu un certo "Bortolo" da Mortegliano, sacerdote più dedito agli intrighi politici, che ai ministeri pastorali. Costui sognava di veder restaurato il dominio dei patriarchi di Aquileia e credeva che gli imperiali fossero in grado e desiderassero farlo. Per questo non esitò a prestarsi a far sì che la fortezza di Marano tornasse nelle loro mani. Si fece amico del podestà di Marano Alessandro Marcello e da lui ottenne la piena libertà di entrare e di uscire dalla fortezza.
Il giorno 13 dicembre 1513, con il pretesto di andare a caccia, si fece dare le chiavi delle porte; uscito, diede il segnale convenuto agli imperiali che attendevano poco lontano ed essi forti di 200-250 cavalli boemi entrarono impetuosamente nella fortezza e se ne impadronirono. Al capitano ed ai soldati, pochi in verità, che presidiavano la fortezza, non restava altro che darsi alla fuga. I tentativi fatti successivamente dal Senato veneziano di riprendere Marano andarono a vuoto, perché gli imperiali avevano nel frattempo rinforzato notevolmente, con uomini ed artiglierie, la guardia della fortezza. Così a nulla approdarono le imprese militari, sempre per conto di Venezia, di Piero Baldassare e Bartolomeo da Mosto nel 1514, ed infelice fu pure lo sforzo di Gerolamo Savorgnan, che rimase accampato sotto Marano dall'aprile al luglio dello stesso anno. Con il trattato di Worms o "Pace di Wormazia" del 1521, Venezia tentò di riprendersi Marano, nelle varie contropartite e trattative, con l'offerta di una ingente somma di denaro, ma gli imperiali furono irremovibili e si tennero ben salda la fortezza. Non a caso a Marano una calle del centro storico porta ancora ai giorni nostri il nome di "Vormazia".
A Venezia non restò altro che vendicarsi e lo fece con molta crudeltà, impiccando sulle forche di piazza S. Marco, dopo averlo esposto alle ire del popolo, prete Bortolo da Mortegliano, catturato alle porte di Portogruaro, mentre conduceva gli imperiali alla conquista di quella fortezza.