la Fortezza

Note ricavate dalle ricerche storiche di Mons. Elia Piu, Parroco della "Magnifica Comunità di Marano", che si ringrazia sentitamente.

L'epoca considerata - i primi quattro secoli di questo millennio - corrisponde al periodo aureo del dominio patriarcale in Friuli e con esso della indipendenza del Friuli. In questo periodo, il patriarca di Aquileia, come principe temporale, era soggetto solo all'imperatore del cosidetto "Sacro Romano Impero" ed aveva la piena sovranità sui suoi territori, deliberava sia in politica interna che estera, giudicava in materia feudale e sentenziava in appello, tanto le cause civili che quelle criminali, batteva moneta con il proprio nome, riscuoteva imposte e censi, comandava l'esercito, decideva la guerra e la pace... Come autorità ecclesiastica, come metropolita, era soggetto direttamente al Papa ed aveva giurisdizione su tutti i vescovi suffraganei della Venezia e dell'Istria. Il patriarca veniva eletto dal Capitolo di Aquileia, ma riceveva dal Papa l'investitura canonica e dall'imperatore l'investitura feudale. L'investitura ecclesiastica avveniva solitamente ad Aquileia, con grande fasto di cerimonie, mentre l'investitura temporale avveniva a Cividale; il momento culminante di questa ultima era quando il patriarca, seduto sulla cattedra marmorea al centro dell'abside, riceveva dall'imperatore o da un suo delegato una spada nuda, che egli riponeva nel fodero.

Il patriarca, come in genere i sovrani feudali, non aveva residenza stabile, ma dimorava in uno dei suoi castelli, sparsi in tutto il Friuli. Più frequentemente però abitava a Cividale e dal 1300 in poi a Udine. Per i patriarchi, la fortezza di Marano, ampliata e strutturata militarmente dal grande Popone, era un punto di forza contro i nemici provenienti dal mare, in modo particolare contro la Repubblica di Venezia, che già da allora mirava, con tutti i mezzi leciti ed illeciti, a farla sua per avere dominio incontrastato sull'alto Adriatico. La storia di questi secoli, per Marano, è una storia di lotte, di accaniti combattimenti, di lunghi assedi, di tradimenti, di rivolte e di sangue... E' difficile raccontare tutto quello che è avvenuto, perché gli avvenimenti si confondono nell'intrico delle lotte per la supremazia dei vari feudi e castelli del Friuli. Per chiarezza, ne ricorderemo i più importanti, che sono del resto quelli ancor oggi ricordati da alcune vie, che portano il nome degli autori delle gesta più significative.

1215 - L'imperatore Ottone IV aveva confermato la donazione di Marano al Capitolo Aquileiese; ciononostante Mainardo conte di Gorizia pretende in feudo anche la fortezza di Marano e vuole esercitarvi diritti. Il Capitolo di Aquileia lo denuncia al patriarca, e questi lo colpisce di scomunica.

1254 - I veneziani, con un atto di forza, occupano la fortezza mettendola a ferro e fuoco. Il patriarca Gregorio di Montelongo, per mezzo di Vongo di Manzano, e Federico di Maurizio la riprende e la fa risorgere dalle devastazioni subite, quindi nomina dei Consoli perché la possano reggere in pace. Questo avvenimento è ricordato dalla denominazione Calle Consoli. I signori di Castello pretendono anche loro di avere giurisdizione su Marano. La disputa, per fortuna soltanto verbale, si compone il 23 giugno 1262 con un compromesso stipulato a Cividale fra il Capitolo di Aquileia ed il signore di Castello, Artuino.

1284 - I veneziani riprendono di nuovo la fortezza e la saccheggiano, ma i maranesi tramite i Consoli, vedendo che il Patriarca ritardava ad accorrere, chiedendo l'aiuto ad alleati lontani, invitano il conte Artuino di Castello a venire in loro soccorso. Questi viene e riesce a ricacciare dalla fortezza i veneziani. I patriarchi, a causa delle continue scorribande, non si sentono abbastanza protetti dalla parte del mare; per questo motivo il giorno 4 maggio 1290 il patriarca Raimondo della Torre dà al Capitolo di Aquileia in permuta della fortezza di Marano, la pieve di S. Margherita di Gruagno. Questo fatto suscita nuove contese e dispute fra i sudditi del Capitolo di Aquileia. Il patriarca però tiene duro, perché vuole garantire di persona la fortezza di Marano. Una rivolta di maranesi contro il dominio patriarcale, nel 1304 costringe il patriarca Ottobono dei Razzi ad intervenire ed a colpire i dissidenti con castighi e minacce. Soltanto l'opera di paciere, esercitata dal console maranese Pietro Giusti, riesce a ridurli a più miti consigli.

Nel 1344 - Venezia ritorna alla carica, questa volta aiutata da macchinazioni segrete e tradimenti di tre maranesi: Stefano Dassi, Andrea Marenossio e Pietro Dalmisani. A loro si oppone il podestà di Marano Callino d'Artuino, che difende con zelo i diritti del patriarca, ma senza successo, perché ha contro anche la popolazione. Questi viene ucciso a furor di popolo e così Marano passa sotto Venezia, ma per poco tempo, perché il patriarca con l'aiuto del cividalese Carsimano del Torre, riesce a sedare la rivolta e a riportare la fortezza sotto il suo dominio. Da questi fatti prende la denominazione la Calle Carsimano.

I veneziani ritentarono l'impresa di accapparrarsi la fortezza, sempre sobillando gli animi e fomentando il malcontento della popolazione - anche nel 1359 ma il patriarca Nicolò di Lussemburgo, che non voleva perdere la fortezza, riuscì a tenere buoni i maranesi, facendo loro concessioni e concedendo privilegi. Ma l'azione più importante per prendersi la fortezza, Venezia la fece dal 1378 al 1380, durante la cosiddetta "Guerra di Chioggia". Il Senato Veneto ordinò a Carlo Zeno valoroso ammiraglio della flotta veneziana, di conquistare la fortezza. Costui la assediò una prima volta, nell'inverno del 1378-79; ma fu costretto ad abbandonare l'impresa, per correre in soccorso della sua flotta attaccata dai genovesi sulle acque dell'Adriatico. Condannato dal Senato per questo suo abbandono, fu salvato a Venezia da morte sicura, dal popolo che lo amava, e che scese in piazza in suo favore.

1380 - Ristabilitasi la calma, lo Zeno riprese l'assedio di Marano, che durò a lungo con continui e sanguinosi combattimenti. Per il valore di Carlo Zeno, il patriarca avrebbe certamente perduto la fortezza, ma in uno dei combattimenti rimase ferito lo stesso ammiraglio ed allora le truppe patriarcali, che nel frattempo potevano contare sugli aiuti di numerosi e forti alleati, ripresero coraggio, riuscirono quasi a circondare i Veneziani, i quali poterono mettersi in salvo, con grande fatica, attraversando con mezzi di fortuna la laguna e raggiungendo così la flotta che era all'ancora in mare aperto. Respinto questo attacco, la fortezza rimase sempre più saldamente nelle mani dei Patriarca, che allora era il famoso Marquardo di Randech, ricordato anche per la "singolare" Messa dello Spadone di Cividale. Più tardi, durante il dominio veneto, a Carlo Zeno, nonostante il suo insuccesso, in Marano, saranno attribuiti gli onori di eroe della Serenissima. Il suo nome sopravvive ancor oggi in una delle calli del centro storico maranese.

1418 - la Repubblica di Venezia decide di invadere il Friuli ed invia molte truppe nel Patriarcato. Ad uno ad uno cadono i capisaldi di Sacile, Sesto al Reghena, Spilimbergo, Maniago, Cividale...

1419 - il patriarca, vedendo che non era più sicuro nemmeno nella sua sede, con la scusa di chiedere aiuti in Germania, lasciava il Friuli. Allora i feudatari e le comunità dello Stato patriarcale, vedendosi prive dei loro principe, si diedero nelle mani dei vincitori, facendo dedizione delle loro terre al veneziani.

7 giugno 1420 - con la caduta di Udine aveva praticamente fine il dominio temporale dei patriarchi in Friuli. Marano, che in molte occasioni aveva dimostrato le sue tendenze verso la Repubblica di Venezia, non poteva rimanere estranea a questi fatti, e fece dedizione della sua terra e della sua fortezza ai Veneziani.

18 luglio 1420 - viene firmato l'atto di dedizione. Il ritardo della firma è dovuto certamente alla lunghezza delle pratiche necessarie perché gli ambasciatori di Marano, prima di decidere del definitivo passaggio, volevano far conoscere a Venezia quali erano i diritti e le consuetudini antiche di Marano, nelle quali desideravano e domandavano di essere conservati.

14 ottobre 1452 - I desideri e le proposte degli ambasciatori maranesi furono accettati dai Veneziani e furono poi successivamente confermati con la memorabile sentenza emanata in questo giorno. La contrada antistante la Chiesa con la denominazione "Via Dedizione" ricorda ancor oggi questo storico avvenimento.